Li chiamavano marziani, animali, fuorilegge, briganti, guerriglieri, trovatori, abitanti dello spazio, viaggiatori, visionari, anarchici, cercatori.
A. Camerini, La ballata dell'invasione degli extraterrestri
È strano, veramente strano per l’oggi avere bisogno di una Route. Per chi ne ha vissuta una, però, è facilissimo capirlo. Sarebbe facilissimo spiegare il percorso sul quale abbiamo camminato da Brescia a Caramanico Terme e da lì su su fino al Monte Amaro, seconda vetta degli Appennini, e poi giù giù sino a Passo S. Leonardo e poi Roccacaramanico e Pescara, attraverso mille altri luoghi. Ma una route non è solo questo. È difficile riassumere tutta questa esperienza in poche parole.
Siamo partiti, nei mesi precedenti, domandandoci cosa significa andare nel mondo? Ci siamo detti che per noi è andare ad indagare e a toccare con mano quali sono le realtà che ci circondano e relazionarci con le persone che le vivono. Conoscere e parlare con un migrante pugliese degli anni ‘50, con un papà che ha rinunciato ad un lavoro ultra pagato perché poco etico e ad oggi arriva per poco alla fine del mese, con un immigrato argentino che vive suonando la chitarra e che parla di fame e amore, con un rifugiato arrivato con un barcone, con persone che hanno deciso di mettere radici nel nostro territorio e che si sentono libere di scegliere autenticamente.
Carichi di questo bagaglio e dello zaino siamo partiti da Brescia alla volta di Caramanico Terme, in treno ovviamente, per poi addentrarci dentro il Parco Nazionale della Majella. Non sono i kilometri che si fanno che rendono interessante la strada (non sapremmo nemmeno quantificarli, sinceramente), è il camminare con altre persone, condividerne i passi, la stanchezza, i paesaggi, la gioia, le parole e, a volte, la disperazione che rendono la strada importante. La strada permette poi di condividere la fatica, non una fatica fine a sè stessa che ci dimostri quanto siamo forti, piuttosto una sana fatica che faccia riprendere il contatto con quello che siamo davvero senza sovrastrutture, senza maschere che nell'essenzialità di uno zaino da route non ci si può permettere di portare. Così anche il solo sudare insieme nel caldo di un luglio afoso è un motivo per gioire, per essere contenti di essere davvero abitanti dello spazio, di essere vivi per davvero! Una route, però, non si può fare da soli. Il clan è una comunità che insieme si muove. Che cosa buffa se ci pensate, l'essere comunità è una delle cose più lontane da ciò che viviamo tutti i giorni. Cioè, nonostante tutte le belle parole che ci diciamo è molto più facile sbrigarsi da soli le proprie faccende senza bisogno degli altri. È più facile non farsi domande scomode che parlino della vita di tutti giorni. È più facile lamentarsi. C'è bisogno di esercizio quotidiano per capire il potenziale della parola Comunità, per capire la bellezza del farsi compagni e dello spezzare il pane con gli altri. Le domande che ci siamo fatti sono andate in questo senso: cosa vuol dire godere? Che distanza è “la prossimità” verso l’altro? Quali sono gli ambiti, cose e persone che ci sono nel tuo quotidiano e perché? Cosa ti fa sentire libero? Quale é il tuo limite? Tu in cosa credi?
Essere dei marziani, briganti, trovatori,... significa essere persone che fanno la rivoluzione dando delle risposte perché hanno fatto delle scelte, essere in ricerca e non accontentarsi delle regole e del “si è sempre fatto così”, partire per scoprire cose nuove e tornare per portare le novità agli altri, essere “per gli altri” perché sai chi sei tu!
Dunque buon viaggio: non c’è vita senza strada.